sabato 28 novembre 2009

Impedimenta

L’Italia si sa, è un paese composto da persone con poca personalità, scarsa genialità, copione e propense alla massificazione. Che ci si può aspettare in fondo da una Nazione a forma di stivale, che denota gia nella sua linea geografica una forte carenza di originalità. Cosi languidamente si susseguono le mode. Dopo il Gioca Jouer, la Macarena, le carte della Zingara di “In bocca al lupo”, la corruzione, il Superenalotto, il Sudoku e Facebook è arrivato il turno di una nuova passione nazionale che già inizia a dare i segni di una rapida diffusione il: “Mi spiace, ho un impegno”.

Se per il Gioca Jouer era necessario ripetere i movimenti gridati a gran voce dal dj, partecipare a “Mi spiace, ho un impegno ”, richiede il possesso di un invito a comparire, rigorosamente da rifiutare e, regolarmente giustificabile con la partecipazione ad un vertice o a qualche consiglio d’amministrazione. Magari di società in fallimento.

Così il signor Meneghetti, può tranquillamente declinare la partecipazione alla riunione di condominio perché impegnato in un vertice AIPGA (Associazione italiana protezione gnocca autoctona). La dott.sa Tombolo non parteciperà all’incontro con i professori del figlio Filet perché occupata nel CdA della C’era una volta il merletto S.p.A, società con sede a Lilliput, famoso paradiso fiscale del mar dei Sargassi. Il sig. Mecojoni non assisterà all’udienza preliminare perché occupato in un incontro bilaterale, casa sua-2° F, per risolvere l’annosa questione della pianta da pianerottolo.

Insomma, pur nella loro smania di uniformità, gli italiani dimostrano comunque una certa fantasia che fa ben sperare.

Gli ideatori del gioco, un imprenditore brianzolo ed un avvocato padovano, si dichiarano soddisfatti della sua rapida diffusione e confidano nell’ esportazione ai paesi limitrofi. Visto il brutto stato dell’export italiano, tutto fa brodo.

martedì 24 novembre 2009

Il piacere è nelle vostre mani

Ci sono società che possono dormire durante molto tempo; persino secoli aspettando il momento migliore per risorgere con nuovo brio. É il caso del temperamento conquistatore, avventuriero e creativo dell’uomo extremeño; che in mancanza di terre inesplorate da scoprire e colonizzare, davanti alle avversità della vita fa saltare la scintilla della sua bizzarra genialità.

“El placer está en tus manos”. Il piacere è nelle tue mani. Per quanti di voi ancora in possesso di malizia da educanda, questo è il motto di una campagna che ha come obiettivo stimolare i giovani adolescenti conterranei di Pizarro e Cortes, a trovare il piacere in modo, diciamo così, amanuense. Ovviamente non c’è nulla da scrivere ed io per questo mi sono iscritto immediatamente ad un corso a distanza.



Il progetto, promosso dal Governo regionale dell’Estremadura, è stato affidato, nella sua parte teorica e soprattutto pratica, all’indiscutibile esperienza del sex shop madrileño “I piaceri di Lola”. Autentico inferno per una Teodem, paradiso terreno per tutti coloro che invece sono irrimediabilmente condannati alla cecità e all’acne.

Gli esperti rispondono in modo esaustivo a tutte le domande: -Sono la stessa cosa gli organi sessuali ed i genitali?, -Gli uomini hanno il punto G?, - Bisogna introdurre tutte le sfere anali?, -La grandezza del pene conta? Pare che i consumatori finali dell’offerta siano altamente soddisfatti.

Adesso scusate, domani ho un’ora di bondage e sono assolutamente impreparato. Vado a fare i compiti con i vicini di casa.

sabato 21 novembre 2009

Buon Natale

I'm dreaming of a white Christmas…la la la la la la la la. Che bella canzone. Quanti ricordi.
Mia nonna Grimilde intenta a preparare i tipici crauti con patate della vigilia, mio nonno Ulrico alla finestra che cerca di uccidere gli ultimi ritardatari uccelli migratori, mamma Brigida e papà Clodoveo a litigare con il signor Goldenblatt ed il suo schiavo Mohamed ed io, con il vestitino da figlio della lupa, , con i classici esercizi ginnici del 24.

Purtroppo sono anni che questa deliziosa usanza di famiglia non si ripete. Il nonno è volato al creatore, la nonna affranta, è tornata a vivere in Curlandia, papà e mamma han divorziato, ed io ho passato gli ultimi tre Natali con la sola compagnia di crauti in scatola e patate liofilizzate.

Non potete immaginare che piacevole brivido ho provato nel sapere che in un paesino del bresciano, tale Coccaglio, il comune aveva dato inizio all’operazione “White Christmas”. Tutto pieno di trepidazione ho letto d’un fiato l’articolo.

Il sindaco ha dato ordine ai vigili urbani di setacciare le case della ridente località in cerca di clandestini, senza regolare permesso, da rispedire a destinazione prima del 25. Ma non è una notizia bellissima? Il cuore mi si riempie di gioia.

Come dice il podestà: “bisogna fare piazza pulita”. “Natale non è la festa dell’accoglienza ma della tradizione cristiana” ribatte l’assessore. Sante parole. Si perché in fin dei conti questi immigrati, iniziano col rubarti il lavoro di lava cessi che hai sognato sin da piccolo e poi magari va a finire che al posto del bambino Gesù ti obbligano a mettere nel presepe la statuetta di Maometto. Bisogna fermarli prima che diventino ancora più pericolosi.

Io intanto sto preparando le valigie. Ho deciso di passare le mie vacanze natalizie in quel di Coccaglio in compagnia della Giusy, del Paolo, della Franci e del Gigi. Sicuramente ci divertiremo come matti a vedere gli intrusi andar via e poi a mezzanotte in chiesa a ringraziare il Padre Eterno.

In fondo Gesù era sicuramente figlio di una profuga danese e di Odino.

mercoledì 11 novembre 2009

LIBERI TUTTI

Ieri sono andato a vedere i mulini. La giornata è trascorsa tra calici di vino, maialini al forno, bicchierini di Pacharan, statue di Sancho Panza e don Chisciotte, battaglie a cavallo, sole della Mancia, e signore Almodovar. Ho dormito come un sasso. Al risveglio mi sono sentito un perfetto spagnoletto. Ho preparato la mia iberica colazione a base di pane tostato e olio d’oliva, ho ascoltato le campane del monastero dove riposa l’imperatore Carlo V, e sono sceso a comprare il pane, che alla fine altro non è che una baguette francese solo più schifosa.

Preso da questo nuovo sentimento nazionale, ho acceso il mio sgangherato portatile e mi sono accinto alla lettura dei giornali della mia vecchia patria, pensando a quanto è bello il paese che mi ospita. Qui il governo non controlla la televisione di stato e i politici, se beccati, vanno in galera per direttissima. Alcuni hanno pure l’ardire di dare le dimissioni. Nell’aprire la pagina web di un famoso quotidiano dello stivale, ho notato come tutta la mia italianità, quel giorno sopita, si stava risvegliando. Non era merito del cafè che stavo bevendo, ma di due notizie che da sole valgono la pena di vivere o di morire. A voi la scelta.

La più tenera e birbacciona, riguardava l’editoriale di un gran mastino da guardia, quel superbo esemplare di dobermann che è il direttore del telegiornale delle rete ammiraglia della televisione di Topolinia. Se fossi presidente della BBC lo chiamerei subito a lavorare per me.
L’augusto direttore mi faceva sapere che l’abolizione dell’immunità parlamentare è un vulnus da sanare. Per noi, che a fatica parliamo italiano, vulnus altro non è che la lesione di un diritto, il diritto dei parlamentari mattacchioni a non andare in galera. Il caro Minzolini si lancia in un editoriale degno di Pulitzer. Attacca il pm antimafia Ingroia, colpevole di difendere la legalità, cita i suoi compagni di classe, De Gasperi e Togliatti, volendoci far credere che i padri costituenti avessero inserito nel sacro testo, per garantire l’equilibrio dei poteri, l’immunità parlamentare; poi abolita a causa del polverone mediatico creato da quei grandi mascalzoni che erano i giudici di Mani Pulite. Ovviamente è una bufala. L’unica cosa rintracciabile nella Costituzione e l’autorizzazione a procedere, che è cosa ben diversa: protegge i parlamentari da processi per reati politici o d’opinione non certo dai reati comuni. Ora, caro direttore, l’anomalia non è l’assenza dell’immunità quanto la presenza in parlamento di delinquenti. E’ una conclusione alla quale si può arrivare con estrema facilità. E’ come sommare 2+2; su che ce la possiamo fare tutti. Applicazione.

Adesso, la seconda delle notizie che ha riempito la mia giornata di letizia. Finalmente Fini e Belusconi si son messi d’accordo: arriva il processo breve per gli incensurati. Evvai! Adesso si che sto più tranquillo. Anche io sono incensurato, peccato non abbia procedimenti in corso. Domani penserò cosa fare. Dunque i processi non dovranno durare più di sei anni; due per ogni grado di giudizio. Rimangono fuori solo i reati di mafia, terrorismo, omicidio e quelli di grave allarme sociale. Dentro questa specie d’amnistia, invece, reati come il falso in bilancio e la frode fiscale. Giusto, sono d’accordo. Queste ultime due sono usanze da preservare a tutti i costi, sono la bandiera del nostro made in Italy e coloro che li commettono dei veri gran signori. Anzi, si potrebbe smettere di chiamarli reati? Non suona meglio: sane abitudini? Che gran noia tutti questi brontoloni, che ora scrivono cose come: “tanti delinquenti rimarranno impuniti” , “chi ne pagherà le conseguenze sarà la povera gente”, “per salvarne uno, li salvano tutti”. Ma chi sarebbe poi questo? Mah! Adesso però scusate, smetto di scrivere e vado a chiamare un amico, in casa lo chiamiamo affettuosamente Mr. B, è simpaticissimo. Sono sicuro che sarà contento della notizia.

domenica 8 novembre 2009

Attenzione, TELEFONICA!

La domenica, si sa, oltre ad essere il giorno del Signore e della noia è, per noi consumatori di deliziose bevande a base di gin, giorno di grandi mal di testa, paracetamolo e “non lo faccio più”.

Indeciso se passare la giornata a letto o leggere l’inserto del Paìs, che oggi deliziava i suoi lettori con due reportage su scimmie e pensiero verde, ho deciso che me ne sarei fregato altamente di primati e dell’opportunità di salvare il pianeta. Ho un problema personale assai più urgente che il riscaldamento globale. E anche perché, francamente, i miei neuroni oggi non sono capaci di un grande slancio civico.

Ormai da un mese sto aspettando con ansia sempre crescente, che la compagnia gestrice della mia linea telefonica si degni finalmente di ricollegarmi al mondo virtuale. Inutile.
Se non fosse per la rete senza fili di un vicino sprovveduto, sarei completamente tagliato fuori dal mondo. A 1100 m di altezza, senza televisione, senza radio, senza internet, e senza possibilità alcuna di perdere tempo, non rimarrebbe altra soluzione che tirarmi giù da una scarpata, o convertirmi in eremita. Che Dio benedica quanti dimenticano sempre di mettere una password alle loro connessioni wi-fi. Grazie di cuore.

Il dramma di ognuno di noi in situazioni del genere comincia sempre con una telefonata.
Chiami il numero indicato ed ha inizio il Purgatorio. Super Vicki, che ti risponde prontamente con il cordiale saluto della compagnia, da inizio alla litania di tasti da premere o parole da pronunciare (ovviamente non riconosce mai al primo tentativo) e soprattutto non conducono a nessuna soluzione.
Sarebbe troppo chiedere qualcosa come: “se vuoi che il tuo problema venga risolto in 1 nanosecondo premi il tasto 3”.

Per gli stoici che hanno la pazienza di aspettare e non mollano dopo 20 minuti, arriva finalmente il momento della libido: la possibilità di parlare con un essere umano. Digitare il tasto 750. Premi godurioso i bottoncini e prepari mentalmente una vagonata di improperi per lo sfortunato operatore che ti risponderà a breve.

Non appena dall’altra parte del telefono rispondono e sei pronto ad urlare, la voce un po’ svampita dell’operatrice ti blocca , è un coito. Capisci subito che non ti puoi incazzare con una sprovveduta che ti risponde con le cuffie da Paperopoli e ti chiama signor van der Kamp quando il tuo cognome è Brambilla.
Prendi fiato e cerchi di spiegarti meglio che puoi. Tutto inutile. Loro il tuo problema lo conoscono perfettamente, quello che non sanno e come risolverlo.

Speravi ti rispondesse l’oracolo di Delfi e invece stai parlando con Pippi Calzelunghe. Ti dice che si tratta di un problema tecnico, quindi chiedi di parlare con un tecnico o qualcosa che gli somigli. Niente, l’unico numero con il quale hai diritto di parlare è questo, prendere o lasciare. Più semplice trasferirsi alle Tonga e chiedere l’adsl al sultano del Brunei.

Quindi, dopo esser rimasto ad ascoltare l’operatrice svariati minuti, non aver capito nulla o quasi di quello che ti ha detto, aver alzato un po’ la voce a fine telefonata, (la colpa non è sua, però avrò almeno il diritto di sfogare la rabbia repressa? Poi la notte non dormo e i fiori di Bach non servono a un cavolo) scopri che la soluzione al tuo problema al momento non è disponibile. Meglio richiamare più tardi.

venerdì 6 novembre 2009

Sulle radici non cristiane d'Europa

Ecco, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ( composta ovviamente da pericolosissimi relativisti) , ha finalmente portato un poco d’ordine e chiarezza nello sconquassato sistema Italia. Dobbiamo ringraziare la civilissima testardaggine di una cittadina italiana, che ovviamente è finlandese. Cosi come non esistono le fattucchiere, non esiste al mondo alcuna ragione per la quale un crocifisso debba fare bella mostra di se in un edificio scolastico, a meno che non si tratti di un opera di Cimabue o Cellini, ma soprattutto perché non vi è alcuna legge che lo imponga, al massimo qualche regolamento.

Ovviamente i pluridivorziati difensori del crocifisso a tutti i costi , Berlusconi e Casini, fanno a gara per ingraziarsi il segretario di Stato Vaticano che cosi commenta la sentenza: “questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute e ci toglie i simboli più cari. Questa è veramente una perdita. Dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e per chi non crede”. Ma più cari per chi? Non si preoccupi Eminenza, per me perdere qualcosa significa il bancomat.
Ho letto di un sindaco che addirittura sostiene che il crocifisso è un simbolo di unita nazionale. Ma non erano il Tricolore e l’inno di Mameli? La croce non mi pare rientrasse tra i simboli nazionali, al massimo pensavo si potessero mettere dentro per osmosi Verdi, la pizza e il mandolino

La vera questione non è se il crocifisso debba stare appeso o meno su qualche parete scorticata delle italiche scuole; il vero tema è: veramente la nostra cultura si poggia su monolitiche radici cristiane? In cosa consisterebbero queste radici cristiane comuni a tutti gli europei?

Forse il nostro ordinamento giuridico si ispira al Deuteronomio dell’ Antico Testamento? Forse nelle scuole si utilizza la Scolastica e San Tommaso per farcire i cervelli dei pargoli? Forse ci ispiriamo alla Bibbia per scegliere la maniera più adeguata per ripudiare una moglie o comprare uno schiavo? Magari andiamo tutti vestiti in giro come Girolamo Savonarola e la monaca di Monza? Pensiamo che il mondo sia piatto? Che la donna sia nata da una costola d’Adamo e che quindi valga meno che uno sputo? O forse abbiamo lasciato tutti le nostre ricchezze per entrare nel regno di Dio? In questo caso oltre Tevere potrebbero cominciare col dare il buon esempio.

Ma greci, romani, arabi , Illuministi, le rivoluzioni del 48, Galileo, Darwin, Newton, Einstein, dove li abbiamo messi? Ce li siamo persi per strada tanto siamo intrisi di radici cristiane.
Capisco che in Vaticano, dove l’Index librorum prohibitorum è stato abolito solo nel 1966, molti don Abbondio probabilmente non sanno nemmeno chi sia Voltaire (forse una misura elettrica?), ma fortunatamente per noi, il nostro bagaglio culturale, che ci rende vagamente differenti dalle scimmie, lo dobbiamo alla possibilità di poter leggere qualcosa come “Così parlo Zarathustra” e non il Libro delle ore.
Forse la nostra costituzione la dobbiamo a Pio IX? Se guariamo da alcune malattie dobbiamo ringraziare Fleming (quello che ha scoperto la penicillina, per intenderci), Leroux, la Montalcini o magari le reliquie di santa Emerenziana e san Eleuterio? Se abbiamo perso per sempre i testi conservati nella Biblioteca d’Alessandria lo dobbiamo a una banda di scalmanati relativisti o a un gruppo di galantuomini capeggiati da un certo Cirillo che hanno messo a ferro e fuoco la povera biblioteca e squartato la sua ultima custode? Ovviamente Cirillo è stato proclamato santo e dottore.

Francamente le uniche radici che conosco sono quelle delle ortensie che coltivo nella mia vasca da bagno. L’eredità cristiana non è che una piccola parte di quel vastissimo corollario di idee, culture, e popoli che ci hanno reso ciò che siamo, altrimenti con molta probabilità, saremmo ancora tutti dei piccoli Torquemada, pronti a denunciare la pericolosa vicina di casa, che non prega ai vespri, al domenicano di turno o magari crociati a caccia di infedeli, anche se, in questo ultimo caso, temo che le nostre radici cristiane ultimamente abbiano preso il sopravvento.

mercoledì 4 novembre 2009

IL BEL PAESE?

Italia: paese di santi, poeti, navigatori. No, no, no, per carità! Superatissimi clichè ormai, adesso il paese si è finalmente modernizzato. Da oggi il nuovo motto sarà Italia: paese di cocainomani, puttanieri e inquisiti. Se un tempo, per essere mito fra i vivi e ricordo degno dei posteri, era sufficiente parlare con gli uccelli, raccontare del Purgatorio o scoprire un continente, adesso il must della gloriosa seconda repubblica verterà su tre semplici e gradevoli abitudini, prendere nota.

1) Almeno tre strisce di bianca purezza al giorno, diversamente potrebbero considerarvi dei miseri dilettanti, se credete di non potercela fare, fumatevi una canna e non pensateci; 2) Andare a mignotte, però attenzione: devono almeno essere starlette 90-60-90 ed un QI che si equivalga come massimo a quello di uno stafilococco; poi se volete superare gli avversari con un colpo da veri fuoriclasse si consiglia di contrattare uomini con una quinta nei pressi dello sterno e tacchi da far impallidire, è questione di classe... 3) Ovviamente se volete davvero essere qualcuno ed ergervi ad esempio degli italici valori il requisito principale è il possesso di almeno una condanna ( bisogna poterla provare, CARTA CANTA) , preferibilmente definitiva, ma pare valgano anche quelle di primo grado. Il tipo di reato non importa, vanno bene tutti purché siano gravi.

Se siete tra quei poveri sfortunati che non riescono proprio a farsi condannare, si accetta anche una prescrizione, meglio se da giudici comunisti o comunque politicizzati. Se siete ancora delle mezze educande, va pure bene una multa per divieto di sosta purché si picchi il vigile o una rata del condominio non pagata a patto che si tiri giù dalle scale l’amministratore. Ma se proprio appartenete a quella sgradevolissima sfilza di sfigati che scambiano ancora il bicarbonato per coca, a letto vanno solo con la moglie ed hanno ancora la fedina penale pulita e la coscienza a posto, beh organizzatevi! Domani all’uscita della posta scippate la prima vecchietta che vi capiti, ma mi raccomando vale solo se le rompete il femore, è un gesto che verrà apprezzato di sicuro.